Maurizio Cariati

Direttore del Dipartimento di Tecnologie Avanzate e Diagnostico-Terapeutiche e Direttore Della Radiologia Diagnostico-Interventistica

 

“Io tiro dritto, tiro avanti: nei momenti difficili viene fuori il meglio di tutti noi, diamo sempre il meglio”

“Sono il Dottor Maurizio Cariati e sono il Direttore del Dipartimento di Tecnologie Avanzate e Diagnostico-Terapeutiche e Direttore della Radiologia Diagnostico-Interventistica. Da dodici anni sono Direttore della Radiologia e da undici sono Direttore del dipartimento.”

“Covid-19 è una parola che indubbiamente genera ricordi brutti, poi diventati anche belli perché è stata una battaglia… durante le prime riunioni con la Direzione, i miei collaboratori e i tecnici, la parola d’ordine da parte di tutti era “paura”: abbiamo paura, non è un segreto che tutti noi non sapevamo se ne saremmo usciti, da tutti i punti di vista. Quello che io tentavo di dire a tutti, e direi che ci sono riuscito, era innanzitutto: “vinceremo”. Cercavo di dar loro la certezza, l’obiettivo, la sensazione che noi eravamo comunque l’ultima difesa possibile, per rincuorare chi si vedeva quasi disperato. I dispositivi i primi tempi scarseggiavano, c’erano solo per le situazioni difficilissime. Le mascherine FFP2 erano riservate ad alcuni settori, a chi aveva a lungo contatto con i pazienti, quindi un rischio di maggior contagio. Ne avevamo poche e le abbiamo centellinate, erano chiuse a chiave perché c’era anche il rischio che sparissero. Poi ci sono state anche cose belle, indubbiamente il Covid ha avvicinato i due presidi, unito tanto le persone, ha mostrato quello che nella Sanità è importante e cioè l’essere disponibile per gli altri guardando un po’ di più le motivazioni reali per cui tutti noi abbiamo fatto i medici, i tecnici, gli infermieri… Tutti noi lavoriamo in Sanità non certo per avere uno stipendio alla fine del mese! Lavorare sull’assistenza del paziente non è una cosa facilissima, perché si è a contatto con una persona che non sta bene, è in difficoltà anche se ha solo un raffreddore e per lui quel raffreddore è il problema più importante. I ricordi belli sono stati il ritrovarci tutti insieme ad avere un solo obiettivo: vincere, punto. E poi alla fine abbiamo vinto.”

“La giornata lavorativa non è cambiata particolarmente se non per la necessità e l’obbligo di indossare e di avere tutti i DPI, nel mio caso la mascherina. Durante il Covid ho cercato di essere più vicino a tutti i miei collaboratori, affinché non si sentissero mai soli. Per quanto riguarda la mia vita privata, avendo tutti i miei familiari fuori Milano, non ci siamo visti per un po’ di tempo, se non in videochiamata, ma un altro dei compiti che ho avuto è stato di dare un po’ di tranquillità ai miei familiari, a quelli che non sono medici, soprattutto. Gli altri condividevano con me i problemi difficili, i dispiaceri ed i piaceri. La mia vita privata è cambiata, nel senso che si viveva isolati. Noi della Sanità eravamo, potrà sembrare anomala questa affermazione, dei “privilegiati” perché potevamo muoverci; avevamo comunque una socializzazione in ospedale, anche maggiore forse di prima, quindi non abbiamo risentito dell’isolamento, del lockdown che ha mandato in crisi alcune frange della popolazione, soprattutto i più giovani e quelli meno giovani.”

“Certamente il momento peggiore non lo dimenticherò mai: 26 marzo… quando l’azienda è stata sul punto di non farcela, eravamo a un passo dal disastro, dall’alzare le mani ed arrenderci, perché fino a quel giorno l’incremento dei pazienti in arrivo dal Pronto soccorso e dalla Terapia intensiva sembrava inarrestabile. Quel giorno siamo stati ad un passo dal dire: “Non ce la facciamo più”.  Sembrava che quest’incremento, peraltro logaritmico, non fosse frenabile, fosse inarrestabile. Quel giorno è stato il più difficile, perché eravamo a un passo dal vedere la situazione di Bergamo anche noi qui a Milano… Momenti belli? Certo, più di uno, in primis quando abbiamo cominciato a chiudere i reparti Covid e a tornare alla vita. Nel periodo del Covid in Radiologia c’è stato un lavoro durissimo, abbiamo dovuto chiamare a casa tutti i pazienti, oltre diecimila per presidio, spostando o annullando i loro appuntamenti. Nel periodo Covid gli unici pazienti che avevano libero accesso alle diagnostiche radiologiche erano le priorità U, ovvero i pazienti urgenti, non differibili, cioè gli oncologici. La difficoltà è stata anche, per questi pazienti, convincerli a venire in ospedale, perché la parola “paura” era il comune denominatore di tutti. Riguardo alla sua domanda se mi è mai venuto in mente di mollare tutto: assolutamente no. Io tiro dritto, tiro avanti, assolutamente. Anzi, io penso che nei momenti difficili venga fuori il meglio di tutti noi, diamo sempre il meglio.”

“Sappiamo che la Germania si sta comportando come noi, questo mi lascia ben pensare, vuol dire che ci stiamo avvicinando al “Paese delle regole”. Finché il numero dei ricoverati in Terapia intensiva si mantiene sui livelli attuali delle ultime settimane, è certamente un altro vivere. È un nemico affrontabile, vi è una differenza fondamentale che ci dà fiducia: prima combattevamo contro un nemico di cui non conoscevamo il nome, che tipo di armi avesse (aveva aerei? Aveva cannoni, carri armati, fucili a tappi?), adesso è un nemico di cui conosciamo quasi tutto. Un nemico difficile, un nemico cattivo, di cui però sappiamo come agisce, come si muove, quali sono le sue strategie e quindi è un nemico prevedibile.”

“Quando stavo per iscrivermi all’Università, a Napoli scoppiò l’epidemia di colera e sembrava una situazione drammatica, ma se confrontiamo il numero delle vittime di colera e del Covid, c’è la stessa differenza di volume che c’è tra una formica e un elefante. Oggi sicuramente siamo davanti ad una situazione molto diversa, e quando riusciremo a superarla (riusciremo sicuramente con una vaccinazione globale) saremo portati a rivalutare le cose importanti. Sicuramente un insegnamento che ci porterà il Covid sarà quello di dare un peso molto diverso a tutto quello che ci circonda: nel mondo del lavoro, nella vita privata, nella vita quotidiana.”

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